MATERAZZI INTER INTERVISTA - Queste le parole di Marco Materazzi, ex difensore dell'Inter, intervenuto sul canale YouTube di Martino Neroblu per parlare dei suoi ricordi in nerazzurro e della stagione della squadra di Simone Inzaghi.
“Io dico sempre una cosa, quello che ti mette più in difficoltà è quello che ti fa male quando non sei concentrato, mi è successo con Julio Cruz quando giocavo al Perugia. Per fortuna non segnò, ma mi fece girare la testa. Lì ho capito che la concentrazione era tutto. Ronaldo penso che sia stato il più forte di tutto”.
“Ho avuto la fortuna di avere una famiglia che mi è sempre stata vicina, ho giocato fino a 38 anni. La forza di quegli anni è stata l’aver avuto sempre voglia di giocare e di vincere, quando mi è stato detto che non sarei partito protagonista ho capito che era il momento di smettere. Il primo anno dopo aver smesso ti godi la famiglia, poi devi essere bravo a costruire qualcosa anche dopo il calcio giocato. Ho 49 anni e penso sempre a vincere ancora oggi, non faccio vincere nemmeno mia figlia a ping pong”.
“Non era semplice, io ho sempre detto che in tanti mi amano ma sono anche in tanti che mi odiano, ma quando sei odiato per me è positivo. Se non sei uno che divide vuol dire che sei una persona piatta e io non lo sono. Il pallone era pesante, mi preoccupava perché avevo già segnato in quella partita, sicuramente sarebbe stato più difficile aver avuto di fronte un portiere alto due metri, aver avuto contro Barthez mi ha agevolato”.
“Sia il Milan che la Juventus, ma contro la Juventus c’era più rivalità”.
“Il Barcellona. Giocare, arrivare in fondo e non vincere sarebbe stato terribile, è stata la stessa cosa con Germania-Italia”.
“Le prime lacrime di gioia le ho versate a Madrid, lì si chiudeva un cerchio. Avevo iniziato con le lacrime di gioia del 5 maggio e ho chiuso con le lacrime di gioia di Madrid. Ho sempre detto che darei volentieri 2-3 scudetti per riavere quello del 5 maggio, era un momento importante, non eravamo favoriti e siamo arrivati a giocarcela, era un momento di rifondazione. Abbiamo sbagliato noi all’ultima giornata, però ci sono state circostanze nell’arco del campionato che poi sono venute fuori, senza voler polemizzare. Quello Scudetto sarebbe stato il più bello”.
“È scontato, penso che sia Bastoni per quello che sta facendo. Gli manca qualche gol, ma è un giocatore fortissimo e arriveranno anche quelli”.
“Penso sia successa la stessa cosa a Bologna, ho rivissuto un po’ le stesse sensazioni anche se da spettatore. Serve la mente fredda e il cuore caldo, anche un pareggio cambiava completamente la visione del campionato. Subentra forse la troppa convinzione di avere davanti una squadra che non ha niente da pretendere, poi manca la lucidità, tutti vogliono risolvere la partita. Il 5 maggio c’erano giocatori che volevano segnare da centrocampo, questo fa capire che la lucidità non è massima. Intanto bisogna non perdere, purtroppo non è successo ed è arrivato quell’infortunio, ma il Bologna ha avuto anche altre occasioni. Bisogna crederci fino all’ultimo minuto dell’ultima partita, ieri a Udine c’era la paura di non vincere dopo quel gol subito. In questo momento l’Inter può solo vincerle tutte, poi se non dovesse succedere l’anno prossimo si ripartirà anche se con dispiacere. Il Milan non ha un calendario semplice come non ce l’ha l’Inter, in questo momento giocano tutti per far male. Ai miei tempi non esisteva quel gioco che parte da dietro, a volte bisogna anche essere pratici. Non è una critica a Inzaghi ma al movimento calcio degli ultimi anni. Io voglio bene a Toldo, ma con quel piede che aveva allora non poteva giocare”.
“Ognuno nasce nell’epoca che merita, io posso dire che mi accontento dei miei oltre 50 gol segnati, poi il resto non conta. Le critiche sono sempre state costruttive, ho avuto degli allenatori con cui non sono stato d’accordo ma per principio e non perché non giocavo, parlo di Galeone e Benitez, da loro ho sempre detto che avrei preso quello che non dovevo fare quando avrei fatto l’allenatore. Io ho sempre detto quando criticavo Benitez che non era perché non giocavo ma perché non si comportava nella maniera idonea, l’ho sempre detto anche andando contro i miei interessi. Non ho fatto il ruffiano a 20 anni e non l’avrei fatto certamente a 37”.
“Era dal 14 maggio che gli entravo sempre negli spogliatoi chiedendogli di non andare via e lui non mi guardava negli occhi, lì ho capito che il 22 maggio sarebbe stata la sua ultima partita. Se lui fosse rimasto forse non avremmo rivinto la Champions, ma avremmo sicuramente rivinto il campionato perché eravamo la squadra più forte. Se non avessimo perso il derby 3-0 avremmo vinto il campionato, poi la settimana dopo è arrivata la sconfitta contro lo Schalke 04 per 5-2, una settimana maledetta. Facendo le cose per bene avremmo vinto per distacco”.
“Non faccio pronostici, prima c’è la partita di domenica e non pensiamo a quella, se no rischiamo di perdere tutto”.
“Non siamo mai andati a cena insieme, quando è arrivato era molto affettuoso, poi sicuramente è cambiato qualcosa. Lo ringrazierò sempre per quello che mi ha fatto vincere sia giocando per noi che per gli altri”.