Zenga: "Io icona dell'Inter. Col Salisburgo la partita più bella, ma anche quella più brutta"

28 Aprile 2020
- di
Simone Togna
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Tempo di lettura: 3 minuti

ZENGA SALISBURGO PARTITA - Walter Zenga, live su Sky Sport, ripercorre le tappe della propria carriera. Con particolare attenzione a quella da portiere della Beneamata.

Gli auguri per i 60 anni

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"Diciamo che ne compio 59,99, come al supermercato. Dire 60 fa un po’ impressione - spiega Zenga, prima di trattare il primissimo ricordo da giocatore -. Se è vero che per farmi esordire prima c’è stato un trucchetto? Quando io ero bambino bisognava avere 10 anni per giocare, ne avevo 9. Quando mi domandarono la data di nascita ho risposto citando un anno prima, per firmare. Poi mio papà fece una carta di rischio, non ricorda cosa di preciso, perché mi sgamarono subito".

Ripresa del calcio

"Mi piacerebbe tornare a giocare, vorrebbe dire tornare a vivere. Secondo me non ci sarebbe problema per nessuno sull'assumersi la responsabilità per giocare d’estate, anche se la preparazione sarebbe diversa: i giocatori sono mesi senza allenamenti ufficiali, è un problema difficile ma ci sono le soluzioni. Sono in contatto con i ragazzi ma non li stresso, è meglio lasciare le persone serena nel loro nucleo familiare. Li sento a giorni alterni per sapere come stanno".

Allenatore o giocatore?

"Ho smesso di giocare nel ’97, fa piacere una domanda così da un bambino. Vuol dire che vieni ricordato come un’icona. Allenatore del Cagliari e ex Inter? Oggi è il 28 aprile, è anche la festa dei sardi e della Sardegna. Sono dei destini strani che si incrociano, io ci credo. Ci sono cose che ritorno o coincidono. Mi è successo tante volte: io ho allenato in Italia in cinque città di mare e in tutte e due le isole, è una cosa strana. Oggi è la festa della Sardegna, il Cagliari lo sento già mio perché ho approfondito tante cose in questi giorni ad Asseminello, attraverso video e chiacchierate con il presidente e la dirigenza. Ottimizzo il periodo di stop per colmare le non conoscenze".

I campioni dell'Inter

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Getty Images

"Kalle Rummenigge era di una professionalità super. E’ stato uno degli acquisti più importanti della storia dell'Inter. Poi per talento dico Lothar Matthaus. Ma anche Brehme, tirava in porta una volta di destro e una di sinistro. Per gli italiani dico Ferri, Bergomi e Matteoli, poi Alessandro Bianchi era sottovalutato ma ti dava un bilanciamento. Poi anche Nicolino Berti. Potrei dirne tanti. Altobelli? Ci ho giocato. Perché, Beccalossi? Non dimenticate che negli anni ’80 in A c’erano Platini, Maradona, Zico, Gullit, Van Basten. C’erano giocatori di alto livello, la Samp dava cinque giocatori alla nazionale. Giannini dove lo lasciamo?".

Icona dell'Inter

"La differenza che esiste tra me e Pagliuca o Bergomi e Pagliuca e chiunque altro è che io e lo Zio siamo nati nell'Inter, siamo interisti da quando siamo nati. Un conto è nascere, crescere in un club. L’icona che diventi per i tifosi è differente. Pagliuca non si ricorda di una cena a Milano: stavo per tornare all'Inter da secondo, ma alla fine non se ne fece nulla".

Per Zenga quella col Salisburgo è la "partita più bella, ma anche la più brutta"

"Inter-Salisburgo: arrivavamo da un’annata allucinante, ci guardavamo e ci dicevamo ‘la prossima la vinciamo’, ma eravamo in fondo alla classifica. In Europa stavamo facendo un percorso perfetto e siamo arrivati in finale di Coppa Uefa col Salisburgo: 15 giorni prima mi chiama Mancini e mi dice ‘guarda che Pagliuca va all’Inter e tu vieni alla Samp’. E io avevo da giocare la doppia finale. Vinciamo 1-0 a Vienna, poi vinciamo 1-0 a San Siro. Nel secondo tempo ci hanno preso a pallonate, per noi Jonk fece un grande gol. Abbiamo vinto la coppa, ma è stata l’ultima partita all’Inter: per questo la più bella e la più brutta. La parata a cui sono più affezionato è quella sul un radente di Marquinos da fuori area a fil di palo, stilisticamente perfetta. Una delle più belle che un portiere può fare".

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