INTERVISTA CONTE - Dopo le anticipazioni di ieri, Antonio Conte ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di DAZN per parlare della sua esperienza in nerazzurro. Ecco le parole del tecnico.
"Molto bene, anche se avrei voluto viverla di più per la questione del col Covid e per il fatto che siamo dovuti rimanere a casa. Ma Milano è una bellissima città. Mi sono ‘milanesizzato’ con le mie origini pugliesi. Uno può andare da qualsiasi parte, ma le origini te le porti sempre dietro e sei orgoglioso".
"Gli inizi di carriera sono stati terribili, finivo la partita senza voce e quando andavo a parlare facevo fatica. A volte mandavo l’assistente. Adesso ho lavorato da questo punto di vista. Poi bevo molto durante le partite, mi idrato e arrivo al post con un minimo di voce. Mi è sempre piaciuto cantare, ma da quando ho iniziato ad allenare sono diventato stonato. Prima mi piaceva, avevo anche la pianola a casa, mi piaceva molto. Sicuramente Ligabue era uno dei miei preferiti".
"È nata perché nell'infanzia, quando comunque non c'erano tante cose da fare oltre a giocare calcio, c'erano tante sale giochi. Mio papà non voleva che andassi, mi faceva le imboscate. Lì non c'era proprio gente altolocata, stavo attento perché se mi beccava mi prendeva per un orecchio e mi portava fuori. Io ero lì e guardavo gli altri giocare, anche perché a quei tempi ci volevano i soldini per giocare e quindi speravo poi che qualcuno si dimenticasse un credito per sfruttare questa situazione gratis. Una partita me la farei anche ora (e gioca a flipper spiegando le regole, ndr). Mi rilassa perché mi distoglie dal pensiero perenne che ho nei confronti del calcio".
"Vincere la Champions è il mio obiettivo e spero di raggiungerlo quanto prima".
"Faccio fatica, quando sei allenatore sei responsabile di un gruppo di non solo calciatori. L’allenatore è responsabile un po’ di tutto e quando lo sei vai a dormire con i pensieri. Scacciarli e riuscire ad addormentarti non è proprio semplice, mi è capitato che nel pensare al dopo la vittoria mi sono tra virgolette rovinato il momento in cui ti devi gustare i sacrifici fatti. Quando vinci sai che c'è stato un percorso e quando vinci è giusto festeggiare: il festeggiamento devi portartelo dentro perché sai che i sacrifici portano a momenti di gioia totale e di grande serenità".
"Ho mia figlia che è appassionata al papà, non al calcio. Ci tiene e sa che l'umore dipende anche dall'andamento della partita. Fare l'allenatore sicuramente non è semplice, soprattutto se lo vuoi fare a grandi livelli: le pressioni, le aspettative e lo stress è veramente tanto, devi essere bravo a conviverci perché ti senti sempre solo. Consigli a Pirlo? Non mi ha chiesto consigli, altrimenti gliel'avrei detto. Io non consiglierei di fare l'allenatore, ma di rimanere nel calcio con altre mansioni. Ce ne sono tante. Balzaretti? L’opinionista è la cosa migliore".
"Parlare di papà mi emoziona sempre. Primo presidente, primo allenatore, la mia famiglia è stata importante. Prima venivi 'buttato' in strada perché papà e mamma dovevano lavorare. Prima c'era la strada che ti faceva crescere, la famiglia era importante ma in strada ti dovevi difendere, avevi a che fare non solo con bravi ragazzi ma anche con potenziali delinquenti. La famiglia è stata molto molto importante per me, ma papà e mamma hanno avuto un ruolo importante. Papà è sempre molto chiuso, però so che è molto orgoglioso (piange, ndr)".
"Un grandissimo maestro per me, ho segnato il primo gol in Serie A con lui. A 19 anni mi massacrò e ci rimasi male: eravamo in 10, gli avversari in 11, mi fece entrare ma c'era un assedio dell'altra squadra. A fine gara mi disse: 'Sei entrato male', mi ferì tanto ma ho capito che però era a fin di bene, era un messaggio anche per gli altri. Mazzone è stato un maestro, un maestro della carota e del bastone. Quando usava il bastone, lo faceva roteare alla grande. Anche io faccio così? No, io sono più bravo (sorride, ndr). Lui nel pre e nel post partita era tosto, se ti prendeva ti alzava solo con un amano. Fascetti e Mazzone son due persone che mi porto nel cuore c che ringrazierò sempre".
"Dovrebbe scegliere me perché sono un vincente, sono una garanzia dal punto di vista lavorativo e umano. Fossi io a capo dell'azienda, mi affiderei l'incarico".
"Il pregio è che do tutto me stesso, non mi risparmio e posso valorizzare al massimo l'azienda. Non penso di avere difetti da questo punto di vista perché chi dà sempre il massimo per il posto in cui si lavora non può avere grandissimi difetti. Devi avere la giusta presunzione, la giusta arroganza, però deve essere sempre figlia del tuo lavoro, del tuo impegno e della tua onestà. Forse sono troppo onesto, ma non lo reputo un difetto, per me è un pregio".