ARNAUTOVIC MOU - L'attaccante del Bologna, alla Gazzetta: "Ero praticamente d'accordo con la Lazio, poi firmai per l'Inter".
"Pensavo: solo mio padre e mia madre possono dirmi cosa fare. Gli altri no. Soprattutto nel calcio. Se un allenatore mi rimproverava, se mi urlava addirittura, rispondevo: tu non sei mio padre. Ora capisco che il calcio è il mio lavoro, mi pagano bene per farlo, quindi ho il dovere di ascoltare il mio allenatore, il direttore sportivo, il presidente. Anche i compagni: se sbaglio qualcosa e non vedo l’errore, ma loro sì e me lo fanno notare, devo accettarlo e non attaccarli come facevo: ‘Oh ma chi sei, che cazzo vuoi?’. Una volta c’era solo Marko Arnautovic. Pensavo a me stesso e non agli altri. Anche all’Inter, non potevi parlare con me: credevo di essere il migliore, il numero uno. Ho sbagliato, completamente e questo mi ha fregato. Me lo dicono tutti: la tua carriera poteva essere migliore. È vero, se dieci anni fa fossi stato quello che sono oggi" ammette con qualche rammarico.
"Rimpiango la disciplina che non ho avuto. A darmela ci hanno provato tutti. Ho sbagliato sempre io. Mourinho mi ha aiutato tanto, ma per sei mesi anche a lui ripetevo: tu non puoi darmi ordini, non sei mio padre"
"Dal Twente sarei potuto andare al Chelsea, dove avrei firmato per cinque anni, ma ero infortunato. Poi è arrivata la Lazio, eravamo praticamente d’accordo quando mi ha chiamato Mourinho per portarmi all’Inter. Lì c’era Ibra e io volevo giocare con lui. Non sapevo che stava per essere ceduto al Barcellona. Successivamente Josè mi cercò quando ero al West Ham. Mi chiese: ‘Quanto costi?’. E io: ‘Ah, mi vuoi ancora?’. Ma il suo Manchester aveva già comprato Pogba e non avevano abbastanza fuori per me".
"Facevamo scherzi e dispetti ai compagni tutti i giorni. Come i bambini, veramente. Lui di più. Sfrecciava in Montenapoleone col macchinine per farsi vedere. Lui davanti, io dietro. E i ragazzi e le ragazze quando lo vedevano per strada: 'Uuuuuuh, Mario, Mario!'. Anche lui pensava id essere il più forte di tutti. Pure lui è cambiato. Ci sentiamo spesso".