Marotta: "La Serie A è un campionato di transizione, dove i giocatori arrivano per poi andare via"

26 Maggio 2022
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Redazione NR
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MAROTTA INTER INTERVISTA - Queste le parole di Giuseppe Marotta, ospite di un evento organizzato dal quotidiano Il Mattino, sulla Serie A e il calcio italiano in genere. 

Le parole di Marotta sul suo passato e l’arrivo all’Inter

"Avendo 45 anni di esperienza nel mondo del calcio, c'è da constatare quanto nel 2000 eravamo l'Eldorado del calcio, come qualità del prodotto e come ingaggi di calciatori. Molti campioni venivano e finivano la loro carriera qui, come Diego Armando Maradona. Oggi il nostro è un campionato di transizione, dove i giocatori arrivano per poi andare via. Gli esempi li ho avuti l'anno scorso con Achraf Hakimi e Romelu Lukaku, giocatori che arrivavano da squadre importanti ma che a fine stagione hanno chiesto di andare via. Nel 2000 noi eravamo i primi per qualità e fatturato, poi improvvisamente abbiamo perso posizioni. Dobbiamo chiederci perché: la mia analisi è che non siamo stati pronti al cambiamento, cioé non abbiamo capito che da un modello di mecenatismo come era il calcio in Italia fino agli anni 2000, dove grandi imprenditori, anche per obbligo verso i propri cittadini, gestivano le squadre come Silvio Berlusconi e Massimo Moratti a Milano o Giovanni Borghi nella mia Varese, ma come anche in altre città italiane.

A fine stagione, il mecenate chiamava il 'ragioniere' che faceva i conti, poi lui staccava l'assegno e copriva le differenze. In Inghilterra, invece, si iniziava a valorizzare le loro risorse, avevano capito che il calcio andava verso il cambiamento dettato dalla valorizzazione del loro prodotto. A distanza di 20 anni, la valorizzazione di queste risorse dà un rapporto di 1 a 4; così andiamo a perdere valore competitivo. Oggi una società di calcio è una società di intrattenimento o una media company; lì siamo mancati per la mancanza di lungimiranza dei presidenti e dei manager e si è creato un gap da colmare". 

Marotta sul calcio italiano

"Sicuramente il calcio è inteso come fenomeno sociale, e mi riferisco anche ai risultati del campo, quindi alla qualità del prodotto; se non si vince, non è solo per mancanza di soldi ma per un prodotto che non è competitivo. L'Italia è una delle poche nazioni dove lo sport non è inteso in termini sociali: manca il Ministero dello Sport, a scuola lo sport non esiste. Da qua deriva il fatto che il calcio non è seguito, c'è dispersione di talenti perché nessuno li identifica. Mancano innovazione e formazione, non ci sono più gli allenatori di base di una volta". 

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