ZANETTI INTER INTERVISTA - Il vicepresidente dell'Inter Javier Zanetti ha concesso un'intervista ai microfoni del canale ufficiale nerazzurro per ripercorrere i 30 anni dal suo arrivo in Italia, con la maglia nerazzurra.
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"Ricordo ancora il mio arrivo a Milano: presentazione in Terrazza Martini, con Facchetti, Angelino, Suarez, Bergomi, il presidente Moratti… Ricordo la mia prima sensazione di scoperta del mondo Inter. Mia mamma mi aveva parlato delle grandi finali, per esempio quella con l'Independiente, di cui sono tifoso in Argentina. Vedevamo le gare contro il Napoli di Maradona… Avere la possibilità di giocare in un club come l'Inter era stupendo. Eravamo tutti emozionati: mio padre e mia madre per la prima volta presero l'aereo con me. C'era tanta emozione".
Quando ha capito di essere legato all'Inter a vita: "Mi sono innamorato dell'Inter fin dall'inizio, dell'atmosfera, del senso di famiglia. È ciò che cercavo. Ero giovane, straniero, volevo che i miei compagni, i tifosi e il presidente fossero orgogliosi. Ho sentito questo legame forte, e dopo 30 anni siamo ancora qui".
La sconfitta che è servita di più: "Le sconfitte servono sempre, ti fanno capire e migliorare. La prima sconfitta è stata la finale persa con lo Schalke. Ero arrabbiatissimo per il cambio, ma poi ho capito perché il mister lo fece. E poi il campionato perso nel 2002. Sono sconfitte che provocano rabbia, ma fanno capire".
Quante volte si è arrabbiato: "Poche volte. Cercavo soltanto energie positive per vincere, non lasciavo spazio alla rabbia. Penso sempre alle nuove occasioni".
Il trofeo più simbolico, esclusa la Champions: "La finale di Coppa Uefa a Parigi. C'era la mia famiglia: avevamo perso l'anno precedente, c'era voglia di riscatto. Sono riuscito a segnare anche un bel gol".
Su Ronaldo: "La parola Fenomeno lo definisce. Ciò che faceva anche in allenamento stupiva ogni giorno. Era simpatico, positivo, averlo con noi era un vantaggio. Nelle stagioni giocate insieme abbiamo visto il miglior Ronaldo, era nel pieno della maturità. È stato il colpo più importante dell'era Moratti".
I segreti per una carriera così: "L'allenamento, come lo fai e come lo interpreti. E il rispetto per la professione. Arrivare pronto per me era una sensazione di sicurezza. Mi faceva stare bene".
Sulla fascia di capitano: "Una grande responsabilità. Sono stato onorato di averla indossata. L'Inter è la mia famiglia, il club che amo. Davo sempre tutto".
Un gesto che racchiude la storia con l'Inter: "Il pianto di Madrid. Era il completamento di un percorso con questa maglia. Sollevare quel trofeo dopo 45 anni senza finali è stato bello, da lì il pianto e l'abbraccio con Mourinho; sapevo se ne sarebbe andato".
L'Inter nel futuro: "Una promessa da mantenere. Essere ancora qui, avere questo legame è importante. Voglio contribuire a trasmettere i valori del club".
L'ultima con la Lazio: "La porterò dentro sempre. I compagni mi avevano fatto la sorpresa dello striscione: lo stadio, i bambini con la numero 4... Più passavano i minuti più realizzavo che stava arrivando la fine. Mi resterà il grande amore nei miei confronti".
L'allenatore che gli ha lasciato di più: "Ne ho avuti molti… Ricordo Bianchi: appena arrivato, mi chiamò in camera e mi chiese dove avrei preferito giocare. Mi sorprese l'approccio, mi accolse con un sigaro e un mazzo di carte. Poi Simoni, un padre per noi. E Mourinho per la metodologia di lavoro che non conoscevamo. Non eravamo sicuri dei risultati all'inizio…".
I compagni più simpatici: "In camera sempre Cordoba, prima Djorkaeff e Zamorano. Il più simpatico era Maicon: faceva cose e gesti coi tifosi che stupivano, per simpatia".
L'episodio che rappresenta lo spirito Inter: "La gara col Barcellona: lo spirito di squadra con un uomo in meno, la generosità di tutti per raggiungere all'obiettivo. Quella notte mi è rimasta per lo spirito di squadra".
L'azione che lo descrive: "La cavalcata nel derby nei minuti finali, in cui prendo palla nella nostra area e la porto in quella avversaria. Quella descrive il mio modo di interpretare il calcio".
Sul giorno preferito: "Ricorderò per sempre la prima gara, Inter-Vicenza del 1995. Ho coronato il sogno. Il boato di quella gara me lo porterò sempre dietro. Non avrei mai immaginato che sarebbe stata la prima di 858 presenze con l'Inter".