THURAM INTER MAGLIA INTERVISTA - È stato il primo acquisto nerazzurro, adesso su di lui ci sono molte aspettative, specialmente dopo aver saputo quale è il numero di maglia che ha scelto, un numero 9 molto pesante. Marcus Thuram ha raccontato, in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, quelle che sono le sue aspettative per sé e per l’Inter. Ecco le sue parole.
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"Non mi importa molto. Sa perché? Quando porti la maglia dell’Inter, sono i colori che pesano, non il numero. Anche se avessi scelto il 99, l’8 o il 7, sarebbe stato lo stesso: hai comunque una grande responsabilità addosso. Ho cambiato tanti numeri nella mia carriera, il 9 era libero e l’ho preso senza indugi".
"Ho trovato quello che immaginavo prima di metter piede qui: una grande squadra, una società organizzata, allenamenti di alta qualità. Adoro esserci. Cosa mi hanno detto Inzaghi e Lautaro? Non molte parole, ma mi hanno trasmesso fiducia: “Abbiamo bisogno di te, ci aiuterai molto”, mi hanno detto.
Perché ho scelto l'Inter? Mi ero già immaginato due anni fa di portare addosso questa maglia. E poi le racconto: l’Inter e i suoi dirigenti mi sono stati molto vicini anche dopo l’infortunio, mi hanno consolato. Questa cosa non l’ho dimenticata. E così ora è stato naturale scegliere loro. Avere la possibilità di ricominciare quello che il destino mi aveva tolto due anni fa: incredibile".
"Sa come rispondo? Che quella scorsa è stata la prima stagione della mia carriera in cui ho fatto il centravanti, prima ho sempre giocato da esterno. È il ruolo che preferisco, per il mio gioco è meglio: posso stare vicino alla porta, attaccare lo spazio, far gol, insomma il mio lavoro".
"Eh, i tifosi del Milan saranno arrabbiati con me... Ma pazienza! Ognuno fa le sue scelte, io so perché l’ho fatto. Non sono preoccupato dei fischi che mi arriveranno. Tanto è un derby, sarebbero arrivati in ogni caso".
"Adriano, il più completo più di tutti. Sapeva far qualsiasi cosa, è a lui che ho sempre guardato. Ronaldo il Fenomeno? Beh, ma a lui non posso neanche lontanamente pensare. Mio papà non dormiva tutta la settimana prima di affrontarlo, lo ricordo bene".