MANCINI INTERVISTA INTER - Amantino Mancini, ex attaccante di Roma, Inter e Milan, ha parlato in un'intervista esclusiva alla redazione di NerazzurriSiamoNoi.it di moltissimi temi, fra cui la finalissima di Champions League tra i nerazzurri di Simone Inzaghi e il Manchester City di Pep Guardiola. Inoltre, ha espresso il proprio parere anche sulla passata stagione del Biscione e sull'arrivo di Marcus Thuram.
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"Ho avuto un’impressione molto positiva durante la finale. Ho visto un’Inter molto organizzata e che ha fatto soffrire il Manchester City di Pep Guardiola. I nerazzurri, infatti, hanno giocato veramente bene la partita di Istanbul. Poi, però, nel calcio può succedere sempre di tutto, e il Manchester City ha fatto gol. In ogni caso, è stata una bella Inter quella scesa in campo in occasione della finale di Champions League".
"Se dovessi dare un voto alla stagione dell’Inter di Simone Inzaghi, darei un 9. Credo, infatti, che la squadra nerazzurra abbia fatto una stagione molto positiva".
"Secondo me, sì. Penso sia un giocatore che ha una buona qualità tecnica. È bravo, ma dobbiamo aspettare ancora un po’ nel valutarlo al meglio a parer mio. È ancora troppo presto, infatti, per giudicare. Dico questo anche perché il calcio italiano è un calcio molto difficile e necessita di tempo. Penso, dunque, sia meglio aspettare fino a fine anno per capire meglio che tipo di giocatore potrà essere in nerazzurro e in Italia".
"Andare al Milan è stato un sogno, perché comunque è una squadra molto conosciuta. In quel periodo all’Inter, non giocavo molto, e quando feci quel cambio di squadra avevo intenzione di ricominciare a giocare ed essere nuovamente protagonista. Poi, però, per un infortunio ho avuto dei problemi, e questo mi ha tenuto lontano per molto tempo nel tentativo di recuperare al meglio. Quindi, francamente, la mia avventura calcistica col Diavolo non è andata a buon fine. Con Leo avevo un buon rapporto, anche perché lo conoscevo già prima del mio arrivo in rossonero. Poi quando arrivò la chiamata del Diavolo dissi subito si perché volevo respirare un’aria nuova e, quindi, ho firmato un contratto col Milan".
"Il lavoro di Pioli in questi anni, secondo me, è stato buono. Il problema del Milan, però, è che in determinati momenti non era una squadra continua. Per quel che riguarda Maldini, invece, penso sia un giocatore che ha fatto la storia nel Milan, e non capisco perché questi dirigenti mandino via determinate leggende. Non comprendo come mai non desiderino avere a disposizione persone come Paolo, che conoscono il club da anni. Quindi, a parer mio, privarsi di persone come lui, che conoscono bene il club e che hanno fatto quello che hanno fatto per il team, è uno sbaglio".
"Un ricordo di Silvio? Quando arrivai al Milan disse che la squadra rossonera aveva bisogno di un giocatore che faceva gol. Una punta di ruolo, insomma. A me non diede fastidio, anche perché era il Presidente, e giustamente era quello che comandava. Rispettavo il ruolo. In ogni caso, mando un pensiero alla famiglia e al Milan, per cui è stata una persona importante e che ha fatto la storia. Queste sono cose della vita, purtroppo…"
"Penso sia stata una gestione molto positiva sin qui. La Roma con José Mourinho, per la persona che è José Mourinho, ha guadagnato molta più conoscenza e visibilità anche a livello europeo e mondiale. Anche la performance in campo è stata buona, perché portare la Roma a giocarsi due finali europee è un qualcosa di fantastico. Penso sia stato un acquisto importantissimo per la società giallorossa. Se dovessi dargli un voto, per questi due anni trascorsi nella capitale, gli darei un 8".
"La continuità. Di fatto, ciò che ha avuto e fatto il Napoli nella passata stagione. Rivedo ciò che successe ai tempi della mia Roma, quando giocavo nella capitale coi giallorossi. Eravamo una squadra forte, ma a volte mancava un po’ di continuità. Secondo me, insomma, la parola continuità è la chiave di tutto, ed è una cosa importantissima nelle grandi squadre che poi vincono lo Scudetto".
"Io credo che sia molto importante il collettivo. Se hai una squadra, un gruppo o un collettivo, appunto, organizzato e che gioca bene, il singolo si vede di più. Ovviamente, poi, avendo più giocatori con caratteristiche individuali ben oltre la media, allora fai la differenza. Se la Roma avesse due o tre giocatori simili a Dybala per qualità tecnica, allora questo concetto sarebbe ancor più evidente, e farebbe ancor più la differenza la singola prestazione. Di base, però, contano tanto sia il collettivo che la qualità dei giocatori".
"Il calcio di Spalletti è sempre stato un calcio europeo ed internazionale, fatto di pressing alto e voglia di giocare tenendo il possesso del pallone. Lo faceva già ai miei tempi nella Roma. Se dovessi dare un voto al Napoli non potrei che dargli 10. Vincere uno Scudetto in questo modo, con questa filosofia, giocando bene e proponendo un calcio che fa bene agli occhi, non è facile. Inoltre, ricordo che, all’inizio della Champions League e della Serie A, quello proposto dai partenopei era il calcio più bello d’Europa. Tutto questo è merito dell’allenatore, che è un grande conoscitore di calcio e una persona che fa giocare in maniera organizzata la propria squadra. I giocatori, infatti, quando scendevano in campo sapevano cosa fare, e che movimento avrebbe fatto il proprio compagno durante la gara. Tutto questo, ovviamente, è merito della squadra, ma anche di questo grandissimo allenatore".
"In qualche occasione, e per qualche tratto della stagione scorsa, il Napoli di Luciano Spalletti è stato anche più bello da vedere del Manchester City di Pep Guardiola. Questo, anche se i partenopei, individualmente parlando, hanno giocatori di minor qualità rispetto ai Citizens. In ogni caso, in alcuni tratti della passata stagione, sono stati superiori anche agli Sky Blues".
"Personalmente, non ero a favore di un allenatore o commissario tecnico straniero sulla panchina del Brasile. Non lo abbiamo mai avuto nel corso della nostra storia, e non abbiamo nemmeno mai vissuto una situazione del genere. So quello che Carlo ha fatto, e so ciò che è all’interno del panorama mondiale per quello che ha vinto, ma credevo fosse giusto che la selezione brasiliana avesse un allenatore brasiliano. Anche, banalmente, per una semplice questione di lingua o comunicazione con l’ambiente".
"Magari. Sarebbe un sogno. L’Italia mi è rimasta nel cuore ed è la mia seconda casa. Dopotutto, ho ancora casa a Roma, e di conseguenza, mi piacerebbe tornare un giorno nel vostro paese".
Antonio Leo Di Bello