Zanetti: "All'Inter devo tutto, la cosa che mi manca di più è lo spogliatoio"

13 Aprile 2021
- Di
Redazione NR
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Tempo di lettura: 2 minuti

INTERVISTA ZANETTI - Javier Zanetti ha parlato dell'anno del Triplete durante un evento organizzato da Pallacanstro Varese. Il vice presidente, in compagnia del suo amico Scola ha risposto alle domande dei giornalisti presenti.

Il fattore testa per gli atleti

"Il talento va allenato e migliorato nel tempo. Ognuno di noi vive la propria passione in maniera differente, noi argentini vogliamo sempre migliorare, la nostra mentalità è questa. Il trofeo che si vince è solo un premio, ma la cosa che piace a me è il percorso che c’è dietro per arrivare a quella vittoria, è la cosa più significativa. Non si può vincere subito, bisogna lavorare molto prima di sollevare un trofeo".

Zanetti sul 2010 nerazzurro

"Come hanno detto i nostri tifosi è stato coronare un sogno. È stato un anno molto importante per me, per l’Inter. Per arrivare a quei grandi traguardi abbiamo dovuto lavorare tanto. Prima di essere grandi campioni eravamo uomini, e quando ci sono uomini intelligenti che vanno tutti nella stessa direzione con un lavoro dietro che ti supporta, difficilmente non raggiungi i tuoi traguardi. Sono orgoglioso di esser stato il capitano dell'Inter del Triplete, l'unica squadra in Italia che lo ha fatto. Scrivere pagine importanti per l’Inter, che per me è una famiglia, sarà sempre qualcosa di speciale".

L'Inter come Nazionale

"Sono arrivato a Milano molto giovane, venire all'Inter è stata la mia più grande opportunità. Volevo dimostrare subito di poter giocare nel calcio dei grandi e nel calcio italiano".

Zanetti sull'Italia

"L’Italia è la mia famiglia, abbiamo trovato il nostro posto nel mondo, siamo innamorati dell’Italia. Sono papà di tre bambini italiani, sono orgoglioso che lo siano, che tifano per la Nazionale italiana e credo che per me l’Italia rappresenti tantissimo. Mi ha accolto da giovane e che non ero nessuno, ho trovato un paese generoso e sensibile. Ora fa parte di me".

Giocare fino a dopo i 40 anni

"La passione per quello che fai è fondamentale. Devi essere sincero con te stesso, devi sapere chi sei e dove vuoi andare. Io mi sono sentito così, mi hanno fatto sentire così. La cultura del lavoro, la resilienza, la costanza, la cura dei dettagli, sono fondamentali. Se hai tutte queste cose e riesci ad essere incisivo con i tuoi compagni è perfetto".

Infortuni gravi e lunghi

"Ne ho avuti pochi ma a Palermo subì quello più brutto, pensavo che dovessi finire la carriera. Nel tragitto dal campo allo spogliatoio chiedevo al dottore quando potevo ricominciare la riabilitazione perché non volevo smettere in quella maniera lì, superare quella prova e tornare a fare almeno una partita davanti ai miei tifosi e per fortuna è stata più di una partita. La voglia di tornare è sempre più forte. Al di là delle difficoltà che puoi trovare durante la riabilitazione durante un infortunio così grave, credo che la tenacia di crederci ti porta a superare quel momento".

La partita d'addio è stata emozionante

"È stata molto emozionante, tutta quella settimana lo è stata. L’affetto dei tifosi e dei miei compagni. Prima di arrivare a San Siro, i miei compagni mi hanno regalato uno striscione con scritto 'grazie capitano'. Tutti quei bambini con la maglia numero 4, ho pensato ai tanti momenti emozionanti. Posso solo dire grazie, all’Inter devo tutto".

Cos'ha lasciato la carriera

"Mi ha lasciato tanti ricordi e tante amicizie. Quello che mi manca di più è lo spogliatoio. La partita alla fine di percorso per arrivare alla partita, ma si costruisce tutto nel quotidiano, attraverso lavoro, responsabilità, rispetto. Mi manca quell’atmosfera, l'allenamento e le partite".

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