RASSEGNA STAMPA - Samir Handanovic è intervenuto ai microfoni di Tuttosport. L'estremo difensore ha parlato dei suoi anni all'Inter fino ad oggi. Ecco le parole del capitano dell'Inter.
"Io a volte mi sento il Bukowski dei portieri: non bevo, non fumo ma come lui sono un tipo diretto che, se deve dire una cosa a qualcuno, vado dritto".
"Nove anni fa io e l’Inter ci siamo scelti a vicenda, ci abbiamo messo tanto perché è sport, non matematica e in questo periodo, evidentemente, c’è stato qualcuno più bravo di noi. Anche per tornare in Champions ci abbiamo messo tanto tempo nonostante per un club come l’Inter quello sarebbe stato un traguardo minimo. Per vincere però ci vogliono tante cose: le persone giuste e linee guida chiare rispettate da tutti".
"In questi anni abbiamo costruito un certo tipo di mentalità che non può essere dimenticata solo perché due giocatori forti sono andati via. L’Inter ha vinto il Triplete dopo che è andato via Ibrahimovic mentre la Lazio, ai tempi, lo scudetto dopo l’addio di Vieri. Entrambi grandissimi campioni, d’accordo, ma questo conferma come il gruppo è quello che ti fa remare avanti e che non bisogna dipendere da uno, due giocatori".
"No, perché quando mi giro nello spogliatoio vedo tanti giocatori forti e professionisti seri. Questa è una squadra che può e deve continuare a vincere. Non so se siamo più o meno forti rispetto a un anno fa, ma sicuramente siamo più completi. E abbiamo pure più esperienza".
"Cercheremo di dimostrarlo in campo cosa ci hanno insegnato tutte quelle delusioni, non serve dirlo a parole".
"Noi giocatori dobbiamo soltanto ringraziarlo, anche se sono stati due anni impegnativi con lui. Quello che mi ha colpito di più è la mentalità che ha portato e su questo credo che abbiamo fatto il passo più grande. Conte è uno che si emoziona quando parla alla squadra e sa emozionare i suoi giocatori e non sbaglia mai il momento in cui dire le cose".
"Siamo ripartiti con il 3-5-2, tante cose buone sono rimaste e lui ci ha messo le sue idee spiegandoci in cosa possiamo anche migliorare per crescere ancora".
"Sorpreso? No, perché stiamo parlando di solo due partite molto diverse tra loro. Ad agosto poi si gioca un calcio diverso rispetto al resto della stagione, per noi però era importante ricominciare vincendo per ritrovare la consapevolezza che già avevamo. Il calcio vero però inizia ora".
"Ci vuole un po’ per metabolizzare sconfitte ed errori, ma tutto deve avvenire nella maniera giusta: se sbagli, vuol dire che sei vivo. Ormai sono grande: ho 37 anni e non mi deve spiegare più nessuno quando ho sbagliato perché so di averlo fatto. Poi, sotto la pelle, tutti abbiamo sangue, è normale. Meglio se dopo uno sbaglio vinci, a quel punto te ne freghi".
"Fa parte del gioco. Son cose che succedono dappertutto e con tutti, poi è normale: mi sento ancora bene, mi diverto, vivo per il calcio che è la mia passione. Ora penso all’oggi, poi vedremo. L’importante è che l’Inter raggiunga i suoi obiettivi".