CORDOBA INTERISMO ENTRA DENTRO - Ivan Ramiro Cordoba, intervenuto su Sky Sport, ha ripercorso le tappe della sua carriera in nerazzurro.
Ivan Ramiro Cordoba, in collegamento su Sky con Beppe Bergomi, loda così lo storico Capitano nerazzurro: "L'ho sempre ammirato come giocatore. E poi anche come persona, arrivare all'Inter e indossare la sua numero 2 è stato un onore. Il 2 è sempre stato per me molto speciale, anche se da piccolo giocavo in attacco. A maggior ragione quando sono diventato difensore. In nazionale, la maglia era stata ritirata dopo la morte di Escobar e fu riconsegnata a me dopo due presenze. All'Inter, ho dovuto aspettare sei mesi per indossarla perché quando arrivai a gennaio ce l'aveva Panucci. Poi è stato lui a dirmi di chiederla ai magazzinieri quando sapeva che sarebbe andato via"".
Non immediatamente. Ma il tempo. Cordoba esprime così l'essere un nerazzurro: "Entrare dentro l'Inter non si acquisisce immediatamente, bisogna capire bene la storia di questo club e ci riesci solo dopo un po' di anni. Ma i tifosi ti fanno capire subito qualcosa. Poi è importante il confronto con i compagni che sono lì già da un po', così come i personaggi storici della società a partire dai magazzinieri per finire magari a un presidente come Moratti. E sono queste cose che ti fanno sentire più attaccato alla maglia".
L'ex difensore colombiano non ha dubbi. "Il centrale difensivo più forte? Vado sul sicuro: dico Skriniar e poi De Vrij. Hanno dimostrato entrambi di essere da Inter. Godin ha fatto la storia ovunque, ma se devo sceglierne solo uno oggi direi Skriniar. Bastoni? Non ricorda Materazzi da giovane, ma forse si potrebbe paragonare a lui anche per via di essere mancino"..
Cordoba si espone anche sugli attaccanti più duri da marcare: "Con la maglia dell'Inter, direi Shevcenko. Ma Ronaldo il Fenomeno è stato il più forte di sempre, lo affrontavo in nazionale".
Lodi anche per Josè Mourinho: "Parliamo dell'allenatore che ha potuto dare quella marcia in più di cui avevamo bisogno per raggiungere un obiettivo che cercavamo da tanto tempo. Con la sua intelligenza e la sua esperienza, ha saputo aggiustare alcune situazioni. Diceva sempre che i dettagli erano fondamentali per vincere la Champions League e così è stato: non lasciava nulla al caso. José difensivo? No, sapeva sia attaccare che difendere. Dico che era un grande stratega: durante la settimana, si lavorava per un obiettivo in ogni piccolo allenamento. E poi in partita te lo ritrovavi. Lui arrivava due-tre ore prima ad Appiano per preparare la seduta, preparando tutto nei minimi dettagli. La sua miglior qualità? La lettura della partita. Comprendere le fasi di un match e scegliere i giocatori adatti a quel momento. Poteva lasciare un giocatore in tribuna e poi metterlo in campo titolare nella semifinale di Champions".