RONALDO INTER INTERVISTA - Luis Nazario da Lima, per tutti Ronaldo, sorannominato anche Il Fenomeno, si è concesso al settimanale Sportweek con una lunga intervista. In cui ha ripercorso le tappe fondamentali che hanno scandito la sua esperienza all'Inter. Ecco le sue parole.
"Dopo l’infortunio avrei scoperto un altro Ronaldo. Molte persone in questi anni mi hanno detto: “Il silenzio di quella sera all’Olimpico, quando sei caduto urlando con il ginocchio in mano, non lo dimenticherò mai”. Io quel silenzio non me lo ricordo, ma il dolore sì. E anche i pensieri del dopo: “Tornerò? Come tornerò?”. Però, passata la paura, mi sono ritrovato addosso una forza di volontà che non credevo di avere e di poter avere. Un altro uomo prima che un altro giocatore, ma con lo stesso amore per il calcio: è sempre stato quello il mio miglior allenatore, medico, fisioterapista, compagno".
"L’infortunio era destino, il 5 maggio fu una colpa: quando il destino ce l’hai in mano, se ti scappa via non puoi prendertela con nessuno. Non eravamo noi, e non ci siamo mai spiegati davvero perchè: per quello piangevo".
"Quello scudetto era il regalo minimo che dovevamo fare ai nostri tifosi. Che dovevo fargli, per quanto mi avevano voluto bene anche quando stavo male. Ma a Roma non sapevo già cosa sarebbe successo, solo quello che avrei detto a Moratti. Cuper? Non c’era rapporto, l’ho detto decine di volte e l’avevo detto anche al presidente, e non ci sarebbe potuto essere. Non c’era neanche un compromesso possibile: perciò quando io e Moratti, diverso tempo dopo l’addio, ne abbiamo riparlato, ci siamo “perdonati” senza darci colpe. In quel momento davvero forse nessuno dei due avrebbe potuto fare altro".
"Sembra comodo dirlo dopo, ma è solo e soltanto la verità: io volevo tornare all’Inter. Di più: ho fatto di tutto per tornare all’Inter. Ho aspettato tutto il tempo possibile per dare all’Inter il tempo di dirmi sì o no: quando non arriva né un sì né un no, vuol dire che è no. Per il Milan era sì e io in quel momento, più che traditore, mi sentivo un po’ tradito per essere stato “rifiutato”: era una scelta impopolare, ma nella mia vita non ho mai avuto paura di farne. E oggi per me non ha nessun senso chiedermi se lo rifarei. Se l’ho fatto è perchè in quel momento sentivo che era la cosa da fare: né giusta né sbagliata, ce l’avevo in testa e c’era un perché".
"Confermo quello che ho già detto: ho fiducia in Zhang e in questa nuova gestione. E da tifoso interista ho il sogno di tutti i tifosi: massimo rispetto per la Juve, che in Italia è un esempio di come si gestisce un club e si costruisce un ciclo, ma è ora che questa dittatura finisca. E tocca all’Inter, non vedo altra possibilità".