
Ezequiel Schelotto, in una lunga intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, ha parlato del derby di Milano e del suo gol che cambiò per sempre la sua carriera. Poi l'analisi della partita e il commento su Lautaro Martinez.
"Certo, guarda qui. Durante i ritiri pre-partita condividevo la camera d’albergo sempre con Ricky Alvarez, argentino come me. La sera prima di quella partita stavamo fantasticando. A un certo punto mi dice: “Ma pensa se domani uno dei due entra e fa gol… Poi dovremmo organizzare qualcosa di speciale!”. E allora in quel momento arrivò la scommessa: se uno dei due segna, si fa un tatuaggio. A centrocampo Ricky corre verso di me e urla: “Domani tutti dal tatuatore!”. Il lunedì sono andato, e pure di corsa.
In quelle circostanze capisci che il calcio non è solo uno sport, ma una componente della vita. Senza, io non avrei forze. È pazzia. Un gol che ognuno si ricorda, che resta nel cuore di tutti… non smetterò mai di ringraziare i tifosi dell’Inter per il loro affetto. Il bello? Per la prima volta, in tribuna c’era tutta la mia famiglia che era venuta a vedermi dall’Argentina. Presenti tutti e sei i miei fratelli. Sono stati attimi in cui mi sono passati davanti tutti i sacrifici, gli sforzi, le fatiche, i chilometri di distanza da casa, il brutto
periodo che avevo vissuto fino a poco prima quando ancora ero un giocatore dell’Atalanta. Mi sono liberato di un peso enorme. E così sono scoppiato in un pianto liberatorio proprio mentre esultavo.
Chivu? Mi sembra lo stesso calciatore del nostro spogliatoio, e mi fa piacere perché già all’epoca era
un leader, positivo, sempre disponibile. Vederlo esultare con quell’adrenalina, come se ancora facesse parte del gruppo squadra, è bellissimo. Ha i piedi per terra, una voglia pazzesca e i risultati del
suo lavoro si vedono. L’ambizione di allenare l’Inter l’ha sempre avuta, me lo disse una volta quando era ancora in Primavera e ci incontrammo nella hall di San Siro. In qualche modo lo sapeva…".
"I derby sono sempre partite a parte, ma l’Inter è la squadra più forte d’Italia: Bastoni, Barella,
Calhanoglu. Mi aspetto che sarà decisivo. Lautaro è un campione. Anni fa, quando l’Inter lo
comprò dal Racing Avellaneda dove ho giocato anche io, dissi che sarebbe diventato un grandissimo attaccante. E oggi qualsiasi squadra al mondo lo vorrebbe. Si è superato. Credo pure che avrebbe meritato qualcosa in più al Pallone d’oro dello scorso anno… Anzi, io l’avrei dato a lui".