MKHITARYAN INTER INTERVISTA - Il centrocampista dell'Inter Henrik Mkhitaryan, nel corso di una lunga intervista sulle colonne de La Gazzetta dello Sport, ha parlato per la prima volta dopo il rinnovo di contratto con i nerazzurri.
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"Non chiamatelo duello, non mi piace come parola... Ci sono 20 gare, è una corsa a tappe in cui si gioca sempre contro squadre diverse, non solo contro la Juve. Sta lì la differenza, nella costanza in ogni gara settimana dopo settimana. L’obiettivo per noi è chiaro sin dall’inizio: la seconda stella".
"È una strategia, vogliono mettere pressione su noi e il Milan, ma anche loro puntano allo Scudetto: ognuno fa il suo gioco, vedremo alla fine...".
"Anche se abbiamo cambiato molto, avverto lo stesso clima positivo, la stessa mentalità vincente: la nostra forza sta nelle basi solide. Anzi, rispetto alla scorsa stagione, abbiamo fatto uno scatto nella maturità: abbiamo capito cosa mancava per essere realmente una grandissima squadra. Un po’ di serenità e la giusta esperienza che ottieni solo con certe sfide".
"È, abbiamo un centrocampo forte e vario. Tutti parlano di me, Calha e Barella, ma il segreto è che, se gioca qualcun altro, sia Frattesi, Klaassen, Asllani o Sensi sanno cosa fare".
"Non ruberei nulla, il bello è la nostra diversità. Siamo ancora più forti insieme, ci completiamo come un puzzle. Ma lo siamo proprio come gruppo, siamo tutti utili".
"È fortissimo, mi spiace che per ora giochi meno, ma sa bene che conta soltanto l’obiettivo comune. Ha il tempo e il talento dalla sua: sarà una colonna dell’Inter del futuro".
"Non capisco perché succeda... Già dalla prima partita giocata in Italia, Roma-Sassuolo, mi ha colpito la qualità. E anche i giocatori sono ingiustamente sottovalutati: c’è gente forte, dobbiamo essere soddisfatti del movimento".
Sì... Considerando che sono arrivato qui a 33 anni, forse si pensava a me come a uno destinato a fare numero, senza essere incisivo. Ma dal primo giorno ho fatto capire che non volevo perdere tempo e dare il mio contributo per il successo".
"Questa è casa mia, sono contento di abitarci. Parlo di tutto un mondo, non soltanto dei compagni e della società, ma anche dei tifosi e dei lavoratori del club: è quel famoso puzzle di cui parlavo... Rimarrò fino a 37 anni, farò di tutto per mantenere questa freschezza. Sono stato in grandi club europei e posso affermare che l’Inter è a quel livello lì, nell’élite".
"Non l’ho più rivista e non voglio farlo: mi farebbe male. Purtroppo mi sono infortunato tre settimane prima. Quella finale era l’esame dopo mesi di lezione: lo abbiamo fallito, ma nessuno ha tenuto la testa bassa. In quel momento è scattata la voglia di riprovarci: possiamo tornare a giocare una finale e vincerla. Da quella gara stiamo costruendo quel che siamo ora".
"Volevamo evitarlo, ma anche loro volevano evitare noi, poco ma sicuro. Sarà una bella gara e difficile: me la immagino molto tattica".
"Tutto è partito con Lucescu, dopo Mou è stato il più duro, ma era un vincente: non vedeva altro che il successo. Klopp a Dortmund era uno psicologo. Prima di una rifinitura scommettemmo 50 euro: dovevo segnare 7 volte su 10. Persi e pagai. Il giorno dopo, però, doppietta a Francoforte: 'Ora restituiscimi i miei 50...', dissi scherzando. Da quel momento, basta scommesse tra di noi!".
"Ora sono più grande, cambia la percezione. Ho iniziato a lavorare con lui a 33 anni, si è creato un rapporto quasi da amico, sebbene conosca la differenza dei ruoli. È formidabile, si vede dal suo gioco".
"Sono contentissimo che Marcus abbia fatto ricredere tutti, ma non me. Era chiaro quanto fosse completo, è ciò di cui avevamo bisogno. Ho giocato con grandi centravanti, da Aubameyang a Ibrahimovic e Lewandovski: Marcus con la sua tecnica ha quella pasta".
"Lasciamo stare la fascia che ha quest’anno: era 'capitano' già lo scorso anno, come leader e trascinatore. Ciascuno di noi dovrebbe essere come lui, un punto di riferimento in ogni gara; non potrà deciderle tutte lui".
"Lo ammiravo, avevo una videocassetta della Serie A 1996-97 che guardavo e riguardavo: lì c’era la sua rovesciata con la Roma... Non posso dire che fosse proprio lui il mio idolo, magari più Zidane, Baggio e mio padre, anche lui calciatore. Ma quella volta ho fatto una foto anche con Lilian Thuram: ce l’ho in Armenia, voglio ritrovarla e farla vedere a Marcus".
"Rilassano e fanno riflettere. Mi aiutano anche ad essere un giocatore migliore, alleno il pensiero veloce e l’andare sempre in avanti. In generale, preferisco usare meno Instagram e pensare di più. Magari leggere un buon libro: sto finendo l’autobiografia di Beckham, dopo inizierò quella di Elon Musk. Rispetto a ieri, negli spogliatoi di oggi c’è meno dialogo per colpa del cellulare".
"L’Italia ha una storia incredibile e un ottimo cibo, come l’Armenia. Siamo popoli simili, ci piace scherzare, parlare e, quando serve, anche fare i furbi... Consiglio a tutti di visitare il mio Paese, troveranno tesori che non si aspettano. E il barbecue armeno vale la pena...".
"La conosco bene, me lo ripetono ancora adesso. Non lo conoscevo e sono andato a cercarlo su YouTube: non mi dispiace, anzi spero sia tornato ad essere famoso anche per questo...".
"Non per essere arrogante, ma una regina: vado ovunque!".