SAMUELE LONGO INTER - Talento in erba dell'Inter, con cui ha vinto la NextGen Series 2012 in finale contro l'Ajax. Ma anche fuoriclasse mai sbocciato. Samuele Longo, nella mente di tutti i tifosi nerazzurri, è stato tante cose, che poi non è riuscito ad essere in Serie A. Numero Diez ne ha realizzato un'intervista esclusiva, svelando segreti e retroscena della sua carriera.
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“Resta un bel ricordo di quel periodo, sicuramente. All’epoca non mi rendevo conto della fortuna che avevo, perché per me era la normalità. Una volta che sei all’Inter credi che quello sia normale, lo capisci solo con gli anni che hai avuto tanta fortuna e che non è da tutti allenarsi con dei campioni come Eto’o, per dirne uno. All’epoca per me era solo un andare al campo e cercare di migliorare guardando i migliori, perché di quello stiamo parlando”.
“Da parte della società sapevo che non c’era l’intenzione di farmi diventare un giocatore della Prima Squadra. Da parte mia nemmeno, perché sapevo questo e non si ha nemmeno troppo potere decisionale. Sono due situazioni: mi andava bene non rimanere all’Inter perché, quando la società ti dice che non fai parte dei piani, a 19 anni vuoi solo giocare. Non avevo la presunzione di rimanere a quei livelli pretendendo di giocare. Pensavo fosse meglio per me uscire dall’Inter e andare a farmi le ossa da qualche altra parte. Poi, però, la questione dei tanti prestiti non mi è piaciuta, ma lì entrano in gioco fattori, soprattutto economici. Quando sei valutato tanto a bilancio e non mantieni le promesse, o comunque non fai una stagione da 20 gol che porta una squadra a spendere tanti soldi per te, torni indietro. Avevo comunque un bel contratto, perciò non posso lamentarmi o ‘sputare nel piatto dove ho mangiato’. Parlando di calcio, però, avrei preferito avere continuità in qualche squadra, perché ho fatto bene e sono stato bene in più club e mi sarebbe piaciuto continuare la carriera lì”.
“Sì, fortunatamente ne ho avuta qualcuna. Purtroppo sapevo che aveva una scadenza, dato che, dopo l’anno in cui fai bene, c’erano due strade: il pagamento di una grossa cifra o tornare all’Inter per poi rispostarmi. Quindi, era una felicità temporanea. In Spagna ho vissuto le mie migliori stagioni: all’Espanyol, perché era la mia prima stagione tra i grandi; al Girona, dove raggiungiamo la prima promozione storica del club e sono capocannoniere della squadra. Posso dire che è la squadra dove più mi sarebbe piaciuto rimanere, anche vedendo come si è sviluppata la storia del club. In Italia a Venezia, perché ho trovato un bell’ambiente e mi ha fatto tornare il sorriso”.
“Dionisi è stata una persona sicuramente importante. Ogni inizio anno lo affronto con la stessa passione, amo il calcio e, quindi, anche se a volte ci sono delusioni, finita una stagione sono sempre carico per affrontarne una nuova. Gli stimoli e il sorriso cerco di trovarmeli da me, anche perché sto facendo ciò che ho sempre sognato. Sicuramente ci sono delle difficoltà, quando le cose non vanno bene, sei distante dalla famiglia e dagli amici ed entrano tante cose in gioco. Trovare persone come il mister Dionisi è stata una fortuna. Oltre a lui, pochi di più: ho avuto Juric, di lui ho un bel ricordo in Primavera, in un anno in cui mi sono spostato dall’Inter al Genoa“.
“I prestiti mi hanno arricchito molto a livello umano, quindi rimango di più con questa opzione. Ovvio, però, che cambiare ogni anno, ti lascia molto a livello personale e umano, ma non è semplice nel momento in cui ti crei delle nuove amicizie e ti trovi bene in una città, oltre che in un gruppo di lavoro. Ripartire da capo è complicato. Le mie stagioni migliori le ho vissute in Spagna e il mio sogno, dopo aver conosciuto quell’ambiente, era quello di restare lì più a lungo. Ogni volta che però dovevo tornare in Italia, la mia testa restava in Spagna. Se io potessi scegliere avrei continuato lì dopo aver trovato quei posti”.
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“Non ti nascondo che ero felice, perché finalmente dopo tanti anni ero di proprietà di un’altra squadra e, quindi, ero contento di questo. Poi in realtà non è andata come speravo, però quella a Vicenza la ricordo come un’esperienza positiva. Era la mia prima squadra dopo tanti anni di prestiti e pensavo di poter finalmente giocare, rappresentando la mia squadra".
“La parola “Sogna” è troppo, è brutta da dire. Al momento sogno poco, vivo molto alla giornata e finché avrò stimoli continuerò a giocare. Per come mi sento, ancora per molto. Voglio stare nel mondo del calcio il più possibile perché mi piace, ma non mi metto più obiettivi come facevo da ragazzino e cerco solo di godermi le esperienze. Ovviamente, essendo un attaccante, ogni anno mi pongo un obiettivo in termini di gol, ma vado molto ‘Partido a partido’, come direbbe Simeone. Non penso molto più in là, voglio stare bene e divertirmi, anche perché ora ho una famiglia e una bimba, quindi devo fare anche altri ragionamenti. Finché mi divertirò, lo stimolo sarà il divertimento”.
“Al primo anno di Espanyol avevo Pochettino come mister, che mi aveva voluto lì. Durante la stagione viene esonerato perché la squadra non stava andando bene e l’anno successivo va al Southampton. Da sempre il mio sogno è stato giocare in Premier League. Durante l’estate abbiamo dei contatti ed ero felicissimo, ma la decisione del mio procuratore di allora è stata di rimanere in Italia. Io ero un ragazzino e mi sono fidato e ho detto: ‘Se voi la pensate così, allora significa che è la cosa migliore per me’. Tornassi indietro direi: ‘No, voglio andare al Southampton’ e cercherei di forzare la mano“.
“Credere tanto in sé stesso e se ha una convinzione e un istinto di continuare a seguirlo, senza fidarsi troppo di tutto quello che ha attorno“.